Uni Japanese Restaurant:
Sarà il profumo frizzante di Cervia o i prodotti che regala la cara e tanto amata riviera romagnola farci innamorare dei suoi angoli culinari più esclusivi e curiosi.
Tendiamo a ricercare tradizione e sapori del posto quando viaggiamo, senza lasciarci trasportare da idee differenti e che in qualche modo fuoriescono dalle linee ordinarie, mantenendo freschezza nei prodotti e applicando tecniche imparate in altri paesi ed affinate al rientro, cucendole sul proprio tipo di ideale gastronomico.
A Cervia, sulla passeggiata che costeggia il porto canale (oggi uno dei più attrezzati porti turistici della riviera romagnola), ci lasciamo incuriosire da Uni Japanese Restaurant, un posto che nella sua (quasi) semplicità giapponese, ha tanto da raccontare, perché dietro ad ogni gesto, portata, etichetta e comunicazione, c’è uno studio molto più che approfondito che è in grado di tirar fuori emozioni verbali ed espressive involontariamente sorprendenti.
Quando siedi da Uni, la chiacchiera esplosiva e stupita dei commensali dei tavoli affianco, sovrasta il leggero sottofondo musicale, con note improvvise e che sfiorano l’apice dell’esaltazione: “Dividiamo?”, una domanda così semplice, ma con un significato tanto personale, il voler condividere quel momento di piacere con la persona affianco.; “Oh mio Dio!”, un’espressione che non ha bisogno di una spiegazione e che diventa interessante detta da papille gustative non amanti di una cucina che esce dai loro gusti.; “Questo piatto è illegale!” Che bel termine per descrivere il sentimento che ti estrapola in quel singolo istante una portata.
È proprio vero che l’arte culinaria parla con le sensazioni trasmesse e non descritte vocalmente.
Illuminati dalla luce catturata dalle grandi vetrate, iniziamo un percorso studiato da Marco Costeniero, executive chef possedente un ricco bagaglio culturale che si sviluppa tra il Giappone e il mercato ittico di tsukiji, una conoscenza decennale delle cucina e della cultura giapponese.
Sapori ricchi, freschi e riconoscenti di preparazioni e cotture che sanno uscir fuori sia all’olfatto che al gusto.
Una cucina desiderosa di far abbracciare l’innovazione con una base di tradizione. Il profilo divertente regalato da leggere sfumature che ricordano la cara terra romagnola rende ancor più unica l’esperienza, ammorbidendo il passaggio conoscitivo per i palati un pochino più restii.
Tra la ricchezza di tanta precisione e la lungimiranza dell’oltre, spostiamo per un attimo il focus sulla “Fiducia”, sì perché Uni ha dedicato un piccolo spazio, con soli sei coperti per i suoi ospiti più esigenti, Uni Omakase. Un’esperienza guidata dal maestro Kyomitsu Kabasawa che è in grado di trasportare ogni mente degustatrice nel cuore pulsante del sol levante, con una cucina autentica giapponese e senza contaminazioni di ulteriori filosofie. Un percorso che sollecita l’utilizzo di tutti i sensi: La vista, con movimenti ipnotici dello chef e talmente precisi da sembrare una danza: L’udito, con il suono del coltello che taglia minuziosamente la verdura; L’olfatto, con delicati, ma perseveranti profumi di zuppe ricche di tradizione; Il tatto, con ceramiche che al tocco riescono a riportar, il commensale, secoli indietro tra le fornaci più antiche del Giappone; Il gusto, arricchito dal sapore di ricette complesse nella loro semplicità e che riporteranno l’ospite a comprendere il puro significato della parola “Umami”.
Ricatapultiamoci verso la realtà di Uni, parlando di un dettaglio, che non è solo un dettaglio, è pura libidine. Elena Minguzzi (29 anni), sommelier e custode di circa 600 etichette all’interno dalla loro cantina. Una conoscenza ammirevole dei sakè che è un fermentato, chiamato anche Nihonshu o Seishu, che viene prodotto in Giappone utilizzando riso, acqua, koji (un fungo che serve a trasformare l’amido del riso in zuccheri semplici) e lieviti.
La sua cupidigia nella scelta degli abbinamenti è in grado di disarmarti al primo sorso. Il suo approccio con l’ospite a primo impatto è conoscitivo e e punta ad un abbinamento quasi didattico accompagnando uno château du conig ad un caviale proveniente dalla stessa zona, quindi aree limitrofe e toni non distanti. Il percorso che si svolgerà successivamente è puramente personale e per chi ama farsi avvolgere dalla curiosità, verà travolto da tanta accurata ricercatezza.
Gianmarco Turi, una voce che esprime ferma professionalità, quella smisurata conoscenza sull’approccio cucito appositamente su ogni cliente e una comunicazione che identifica al meglio il carattere dell’idea progettata da Riccardo Massimo Cremonesi.
Riccardo, un sognatore oltre che un ottimo padrone di casa, la sua visione di futuro tocca le note più alte di un progetto che integra al meglio una cultura che ad oggi ha bisogno di un’attenzione maggiore per poter esser apprezzata in tutta la sua essenza.